Onorevoli Colleghi! - Sulla scia di altri Paesi europei che si sono posti seriamente il problema, anche nel nostro Paese le politiche per la tutela della maternità e per il sostegno della natalità sono ormai diventate un'assoluta priorità istituzionale.
      Sull'esempio, in particolare, del modello francese, dove da molti anni è stata avviata una politica per la famiglia fondata su incentivi economici, su una maggiore flessibilità nei congedi per maternità e per paternità e su un aumento esponenziale della disponibilità di posti negli asili nido a tariffe sostenibili - tutte misure che hanno consentito di raggiungere, già in brevissimi tempi, un tasso di natalità a livelli decisamente superiori rispetto alla media europea - oggi è più che mai necessario garantire alle donne italiane la possibilità di fare più figli mettendole nelle migliori condizioni per equilibrare aspirazioni professionali e vita familiare.
      Dalle stime rese dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per l'anno 2006, si può osservare come si sia consolidata in Italia la tendenza al progressivo invecchiamento della popolazione grazie, in primo luogo, alla continua crescita della durata media della vita. Per quel che riguarda i livelli di fecondità, il confronto internazionale vede il nostro Paese ancora sotto la media dei Paesi membri dell'Unione europea (1,52 figli per donna nel 2005), ma soprattutto molto lontano dai livelli raggiunti da Francia (1,94) e Regno Unito (1,77), naturali partner di confronto.
      È vero che la fecondità delle donne in Italia ha registrato nel 2005 un piccolo incremento (1,32 figli per donna), ma è altrettanto vero che tale ripresa è andata di pari passo con l'incremento delle nascite

 

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della componente straniera della popolazione residente, incremento che si è fatto sempre più rilevante ed evidente. Questo indicatore può essere calcolato separatamente per le due componenti italiana e straniera della popolazione residente, ottenendo rispettivamente 1,24 e 2,41 figli per donna. Nel 2005, quindi, le donne straniere residenti in Italia hanno fatto registrare un livello di fecondità doppio rispetto alle donne italiane.
      In definitiva, nonostante la modesta ripresa verificatasi a partire dal 1995 (quando si è riscontrato il minimo assoluto di 1,19), la fecondità italiana - scesa a metà degli anni settanta sotto il livello di sostituzione (due figli per donna) - è tuttora a livelli molto bassi (1,35 nel 2006).
      Appare chiaro, pertanto, come la maternità - intesa nel suo significato di valore sociale - debba tornare al centro dell'interesse dell'agenda politica. Per questo occorre compiere tutti gli sforzi necessari per investire con più forza su serie politiche di incremento demografico, che restituiscano ruolo e dignità alla maternità.
      L'Italia, oltre a essere il Paese più vecchio d'Europa e quello nel quale si registra un tasso di natalità tra i più bassi del mondo, vede ora affermarsi un nuovo fenomeno. Le ragazze madri e le donne sole con figli si stanno sempre di più affermando come un gruppo sociale esposto ai processi di impoverimento e al limite della marginalizzazione sociale. Anche per queste madri sole - sulle quali grava l'intero peso della cura dei figli - è necessario promuovere iniziative di sostegno che non si riducano al solo aiuto economico ma che mettano a loro disposizione asili nido, congedi familiari, sgravi fiscali, un sistema di welfare in grado di rispondere alle esigenze di questa nuova realtà.
      Un'ultima considerazione, prima di esaminare in dettaglio le misure previste dalla presente proposta di legge, attiene alle condizioni economiche delle famiglie italiane.
      Dalle ultime statistiche fornite dall'ISTAT il 4 ottobre scorso, si evince che nel 2006 le famiglie che vivevano in situazioni di povertà relativa erano 2.623.000 e rappresentavano l'11,1 per cento delle famiglie residenti.
      Il fenomeno della povertà - il quale si caratterizza non solo per la sua diffusione ma anche per la sua gravità - è più diffuso tra le famiglie con un elevato numero di componenti. Le difficoltà economiche in presenza di figli all'interno della famiglia si fanno ancor più evidenti quando i figli sono minori.
      Dal 2005 al 2006, l'incidenza di povertà - pari al 14,5 per cento tra le coppie con due figli e al 25,6 per cento tra quelle con almeno tre figli - sale rispettivamente, al 17,2 per cento e al 30,2 per cento quando i figli sono di età inferiore a 18 anni. Il fenomeno, ancora una volta, risulta maggiormente diffuso nel Mezzogiorno, dove risiede anche la maggior parte delle famiglie con tre o più figli minori; in questa parte del Paese una famiglia su due si trova in condizione di povertà relativa.
      In generale, l'analisi delle spese per le politiche di welfare e delle condizioni economiche delle famiglie italiane disegna un Paese che, pur mostrando alcuni timidi segnali di miglioramento, stenta a seguire i cambiamenti strutturali in corso.
      La presente proposta di legge - articolata organicamente in più capi - intende offrire un contributo al dibattito in corso sulle modalità in cui deve concretizzarsi la protezione della maternità e il sostegno ai nuclei familiari con figli.
      Si tratta di proposte che nascono dal confronto con le associazioni operanti nel settore e che possono costituire un valido punto di partenza per un confronto con le altre forze politiche, con l'auspicio che si possa creare un vasto fronte trasversale per una maggiore tutela della maternità e per un rilancio delle politiche a favore della natalità.
      Il capo I della presente proposta di legge reca i princìpi generali. Dopo le finalità di carattere generale enunciate all'articolo 1, nell'articolo 2 sono elencati gli obiettivi specifici che l'iniziativa legislativa intende perseguire e che possono essere così sintetizzati: a) il sostegno ai
 

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nuclei monogenitoriali, alle famiglie e alle coppie nell'assolvimento degli impegni genitoriali; b) agevolazioni per l'acquisto in proprietà, da parte delle giovani coppie e dei nuclei familiari monogenitoriali, con figli minori, di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale; c) una migliore distribuzione delle responsabilità e dei compiti tra donne e uomini, in modo da rafforzare il ruolo dei padri nell'assistenza familiare; d) la tutela della buona salute psichica delle madri e dei genitori, prima e dopo la nascita, al fine di prevenire e di intervenire su fenomeni di tipo depressivo; e) l'equiparazione della maternità adottiva a quella naturale dal punto di vista della fruizione dei congedi parentali.
      Passando al merito, il capo II prevede una serie di misure di sostegno al reddito. In particolare, l'articolo 3, rubricato «Contribuzioni dirette», con il fine precipuo di sostenere il reddito della famiglie, stabilisce che, a decorrere dal 1o gennaio 2008, per ciascun figlio nato o adottato, tutti i nuclei familiari con figli minori il cui reddito non supera l'importo di 50.000 euro l'anno beneficiano: di un contributo di 1.000 euro alla nascita o all'adozione; di due assegni mensili di 200 euro - fino al compimento del terzo anno di età del bambino - a integrazione delle spese sostenute per l'acquisto di generi di prima necessità destinati all'alimentazione e all'igiene dei bambini nonché delle spese sostenute per l'impiego di una baby-sitter o per l'asilo nido (l'importo dell'assegno è maggiorato di 50 euro per ciascun figlio aggiuntivo); di un assegno annuale di 200 euro a integrazione delle spese per i libri di testo scolastici e, infine, di un assegno mensile di 150 euro, per contribuire all'istruzione domiciliare del minore disabile al quale sia stata riconosciuta una percentuale d'inabilità pari almeno all'80 per cento.
      Il capo III, recante misure di carattere fiscale, comprende l'articolo 4, che introduce l'articolo 4-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, prevedendo per le coppie coniugate e per le coppie conviventi con figli la possibilità di optare in favore di un nuovo regime fiscale ai fini della dichiarazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) (comma 1). Tale sistema - basato sul meccanismo del quoziente familiare - consiste in una nuova metodologia di determinazione del reddito imponibile ai fini fiscali. A tale fine occorre: a) effettuare la somma dei redditi percepiti dai due coniugi; b) determinare il totale delle quote spettanti al nucleo familiare, da calcolare sulla base di determinati coefficienti; c) calcolare il cosiddetto «reddito equivalente», ottenuto dividendo la somma dei redditi per il totale delle quote. Al reddito così determinato si applicano le ordinarie aliquote per scaglioni previste dal medesimo testo unico (comma 4).
      Sempre per quanto concerne misure di carattere fiscale, il capo V introduce specifiche agevolazioni per l'abitazione principale, introducendo norme che modificano gli articoli 7 e 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI). In particolare si prevede che siano esenti dall'ICI le unità immobiliari destinate ad abitazione principale per le tre annualità successive alla nascita di ciascun figlio o all'adozione di ciascun minore (articolo 5, comma 1). È previsto, inoltre, che la detrazione dall'ICI sia aumentata di 100 euro per ciascun figlio a carico del soggetto passivo dell'imposta (articolo 5, comma 2).
      Un altro argomento affrontato è quello relativo all'acquisto dell'abitazione principale da parte delle giovani coppie e dei genitori, anche adottivi, di uno o più figli minori. Qui l'intervento legislativo si rende necessario a causa della scarsa propensione da parte del nostro sistema bancario a concedere mutui e prestiti a soggetti privi di specifiche garanzie. Nello specifico, l'articolo 6 istituisce, presso la Cassa depositi e prestiti Spa, un fondo speciale di garanzia per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie e dei nuclei familiari, anche monogenitoriali, con figli minori. Il fondo è rivolto ai nuclei familiari che percepiscono un reddito contenuto,
 

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che non possiedono proprietà di particolare importanza e che intendono acquistare un immobile di valore non superiore a 200.000 euro (articoli 6 e 7). Il fondo è destinato a rilasciare garanzie sussidiarie alle banche e agli intermediari finanziari e a consentire l'ottenimento ai soggetti beneficiari di un mutuo a tasso zero per i primi cinque anni e a tasso agevolato per ulteriori quindici anni.
      Il capo V comprende ben diciotto articoli destinati a modificare il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Le misure che s'intendono introdurre tengono conto degli orientamenti recentemente formulati in sede europea. La Commissione europea ha infatti più volte invitato gli Stati membri dell'Unione a migliorare le politiche di conciliazione tra vita professionale e vita familiare, sia in relazione alle donne che agli uomini. Nella comunicazione COM(2006)71 del 22 febbraio 2006, vengono auspicati interventi incisivi «per combattere stereotipi sessisti e incoraggiare gli uomini ad assumersi le proprie responsabilità nella sfera familiare e domestica». A tale fine è opportuno, secondo Bruxelles, elaborare incentivi, segnatamente di tipo finanziario, a favore di una migliore distribuzione delle responsabilità e dei compiti tra donne e uomini, in modo da rafforzare il ruolo degli uomini nell'assistenza familiare e in rapporto al congedo parentale.
      Questi concetti sono stati ribaditi nella successiva comunicazione COM(2006)92 del 1o marzo 2006, ove si afferma che pochi uomini prendono il congedo parentale o lavorano a tempo parziale (il 7,4 per cento rispetto al 32,6 per cento delle donne), poiché le donne restano maggiormente responsabili dell'assistenza ai figli e delle altre persone a carico. Gli uomini andrebbero incoraggiati ad assumersi le proprie responsabilità familiari, con incentivi a prendere congedi parentali e a utilizzare il diritto al congedo come le donne.
      Risulta evidente, pertanto, come le varie politiche di sostegno alla famiglia nei Paesi membri dell'Unione europea passino non solo attraverso la compensazione dei costi, diretti e indiretti, connessi alla famiglia (prestazioni o vantaggi fiscali per i figli o le persone a carico) o i servizi di sostegno ai genitori per l'educazione e la custodia dei bambini ma anche, soprattutto, tramite l'adattamento delle condizioni di lavoro e di occupazione, grazie a orari di lavoro e a congedi che permettano di conciliare le varie esigenze (comunicazione della Commissione europea COM(2007)244 del 10 maggio 2007).
      L'articolo 9 - rivolto soprattutto alle piccole aziende ove spesso si riscontrano situazioni di ricatto e di esclusione per le donne in età fertile - interviene sui tempi di assunzione del personale a tempo determinato o temporaneo, in sostituzione di lavoratrici e di lavoratori in congedo. Le assunzioni sono anticipate fino a due mesi prima dell'inizio del periodo di congedo; viene inoltre riconosciuto uno sgravio contributivo del 50 per cento al datore di lavoro nel caso in cui il sostituto sia confermato anche part time, o nell'ipotesi di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.
      L'articolo 10 eleva il periodo di congedo obbligatorio per maternità post partum - attualmente di tre mesi (o di quattro mesi in caso di flessibilità) - rispettivamente a quattro e a cinque mesi (in Danimarca e in Inghilterra la durata del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro è rispettivamente di 28 e 52 settimane).
      L'articolo 11 consente al padre di fruire del congedo - riconosciuto dall'articolo 28 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 solo in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre - anche nelle ipotesi in cui la madre sia lavoratrice autonoma o libera professionista (comma 1).
      In aggiunta al congedo di paternità, viene inoltre riconosciuto al padre lavoratore
 

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un permesso retribuito di cinque giorni lavorativi. Tale permesso deve essere fruito entro un mese dalla nascita del figlio e può essere preso in una volta sola o in giorni separati; in caso di parti plurimi i giorni di permesso sono elevati a dieci (comma 2).
      L'articolo 12, al fine di incentivare una maggiore partecipazione dei padri nell'assistenza familiare e di favorire una migliore condivisione delle responsabilità tra i genitori, prevede che il padre lavoratore possa ridurre l'orario di lavoro giornaliero nella misura del 25 per cento nei tre mesi successivi alla nascita del figlio. Conseguentemente, il relativo trattamento economico viene riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.
      L'articolo 13 istituisce, a favore della lavoratrice o del lavoratore che abbia adottato o avuto in affidamento un minore, un congedo di adozione o di affidamento della durata di sei mesi decorrenti dall'effettivo ingresso del bambino nella famiglia. Il trattamento economico e normativo è lo stesso previsto per il congedo di maternità. In questo modo, anche sulla base di una consolidata giurisprudenza, si provvede a equiparare da un punto di vista giuridico la maternità adottiva o in affidamento a quella naturale, ponendo fine ad una evidente disparità di trattamento (secondo la normativa vigente, infatti, in caso di adozione nazionale, la madre adottiva ha diritto a soli tre mesi di congedo a decorrere dal momento dell'entrata del bambino nella famiglia, mentre, nel caso dell'adozione internazionale, la stessa ha diritto, per il periodo di permanenza all'estero, a un periodo di congedo che non comporta indennità né retribuzione).
      Allo scopo di evitare lunghi soggiorni all'estero per l'espletamento della pratiche di adozione o di affidamento internazionale - con notevoli sacrifici economici da parte delle famiglie - si stabilisce, inoltre, che la durata di tale permanenza sia fissata dalle convenzioni che lo Stato italiano stipula con il Paese di provenienza del minore adottato o in affidamento e che non possa comunque eccedere i due mesi.
      L'articolo 14, al fine di sostenere i genitori di figli prematuri o gravemente immaturi e per questo bisognosi di particolare cure, prolunga il congedo parentale da sei mesi a un anno per la lavoratrice madre o, in alternativa, per il lavoratore padre.
      Sempre in materia di congedo parentale, l'articolo 15 innalza l'indennità prevista per le lavoratrici e per i lavoratori con bambini fino a tre anni di età dal 30 al 50 per cento della retribuzione.
      L'articolo 17 aumenta da cinque a dieci giorni lavorativi l'anno il periodo di congedo per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni.
      L'articolo 18 equipara alle attività usuranti di cui al decreto legislativo n. 374 del 1993 il lavoro di cura e di assistenza prestato dai genitori a figli disabili con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, purché tale opera sia svolta con carattere di continuità e in ambito familiare. È bene ricordare che queste persone, sulle quali grava l'onere di accudire quotidianamente i figli con gravi disabilità, non solo sostengono ingenti spese ma affrontano anche una molteplicità di ostacoli dovuti alla fatica, al logoramento fisico e psichico, alla necessità di riorganizzare la propria attività lavorativa e domestica, con conseguenti problemi di relazione sociale.
      L'equiparazione prevista dalla norma dà diritto alla madre lavoratrice o, in alternativa, al padre lavoratore, di beneficiare di due mesi di prepensionamento per ogni anno di convivenza con il figlio disabile cui prestino assistenza continuativa.
      L'articolo 20 eleva da tre a sei mesi il periodo di fruizione dell'indennità di maternità per le lavoratrici autonome in caso di adozioni e di affidamenti (comma 2), equiparando così la loro situazione a quella delle madri naturali.
      Maggiori garanzie sono anche previste sia per le coltivatrici dirette, colone e mezzadre e per le imprenditrici agricole (comma 3), sia per le lavoratrici autonome,
 

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artigiane ed esercenti attività commerciali (comma 4) sia, infine, per le libere professioniste (articolo 23).
      Un'ulteriore novità è costituita dall'istituzione dell'indennità di paternità per i lavoratori autonomi e per i liberi professionisti (rispettivamente agli articoli 21 e 24), attualmente non contemplata dalla normativa vigente. Il beneficio - che presenta le stesse caratteristiche del congedo di paternità - spetta anche in caso di adozione o di affidamento.
      L'articolo 22 estende il congedo parentale, attualmente previsto solo per le lavoratrici autonome per un periodo di tre mesi, anche ai lavoratori autonomi padri di bambini nati a decorrere dal 1o gennaio 2008.
      Tra le altre misure contemplate al capo VI, merita di essere menzionato l'articolo 27, rubricato «Azioni positive per la promozione della tutela della salute psichica delle madri».
      Anche in questa circostanza si è tenuto conto degli orientamenti recentemente espressi in sede europea. Ci si riferisce, in particolare, alla risoluzione del Parlamento europeo del 6 settembre 2006 sul miglioramento della salute mentale della popolazione, nella quale non solo si chiede che venga «accordato un aiuto alle madri prima e dopo la nascita, onde evitare depressioni o altre manifestazioni psicopatologiche riscontrate numerose in tali situazioni» (punto 18) - ma si afferma «che la buona salute psichica delle madri e dei genitori contribuisca allo sviluppo integrale dei bambini e alla loro evoluzione in adulti sani» (punto 19).
      L'articolo 22 prevede che siano ammessi al finanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali progetti sperimentali di sostegno alla salute psichica delle madri. Tali progetti sono diretti a promuovere la realizzazione, presso ogni regione, di centri di prossimità per le madri, con il compito di assistere la donna nei mesi della gravidanza e in quelli immediatamente successivi, anche avvalendosi di personale specializzato. I centri perseguono le finalità di tutela attraverso servizi di psicoterapia, assistenza sociale, assistenza all'infanzia, consulenza legale, consulenza sessuologica ed educazione familiare. Una commissione scientifica di esperti, istituita presso il Ministero della solidarietà sociale, avrà il compito di monitorare ogni anno l'attività dei centri di prossimità, i servizi resi, i soggetti beneficiari nonché le differenti tipologie di intervento.
      L'articolo 28 del capo VII reca, infine, la copertura finanziaria. I costi complessivi della presente proposta di legge ammontano a circa 2,5 miliardi di euro annui a decorrere dal 2008, il che corrisponderebbe a un incremento della spesa per la famiglia dello 0,2 per cento del prodotto interno lordo (PIL) (nel 2006 la spesa per la famiglia in Italia risultava pari a 13.905 milioni di euro, ossia allo 0,95 per cento del PIL). A gran parte degli oneri (2,1 miliardi di euro) si provvede mediante parziale destinazione delle maggiori entrate tributarie registrate nel corso del 2007 rispetto alle previsioni iniziali (si tratta del cosiddetto «extragettito» o «tesoretto» che - secondo le ultime stime - ammonterebbe a quasi 8 miliardi di euro), nonché tramite i risparmi di spesa conseguenti agli interventi di contenimento della spesa pubblica nelle amministrazioni statali. A tale fine la norma stabilisce che, a decorrere dall'anno 2008, l'ammontare complessivo delle spese correnti dell'ultima legge di bilancio (legge n. 298 del 2006) non possa essere superato per i tre anni successivi.
      Le rimanenti spese (per un totale di 370 milioni di euro) - destinate ad aumentare le garanzie di sicurezza sociale (congedi parentali) e ad affluire nel fondo speciale di garanzia per l'acquisto della prima casa di cui all'articolo 6 - gravano sul Fondo nazionale per le politiche sociali e sul Fondo per le politiche della famiglia, le cui dotazioni finanziarie per il 2008 risultano pari rispettivamente, a 1,6 miliardi e a 180 milioni di euro.
 

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